JAI GURU DEVA OM!

Jai guru deva om!
grazie ti saluto maestro divino,
ho bucato una gomma,
ho perso una candela d’accensione,
ho spaccato il bastone, mia 3° gamba,
in questo mondo che corre veloce,
stare fermi o esser lenti è una croce.

Jai guru deva om!
grazie ti saluto maestro divino.
la mente corre alla mia Smart,
alla mia verde vespa, al mio Beverly.
a passo lento, sbarello per la strada,
il cuore ha un sobbalzo, una palpitazione,
ad ogni passaggio pedonale.

Jai guru deva om!
Ai ciclisti che mi fanno il pelo,
all’uscita del Bar dopo la colazione.
Dicono che sono la mia fissazione,
forse han ragione, sono invidioso
del loro andar veloci e lesti,
su quei tubolari smilzi.

Su quel sottile sellino,
un coltello a serramanico!
Jai guru deva om!

 

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LE RONDINI DI VIA GIACOMELLI

Mi salutano ogni mattino,
con il loro coro di gioia,
volando come impazzite,
disegnando figure azzurre,
tra le case dal sole illuminate,
il loro gioioso saluto, m’accompagna
per tutta la via, con le loro acrobazie
giungo al caffè Parigi, il bel sorriso
di Silvia, fa da cornice alla letizia
del loro strepitoso volo, il nuovo giorno
può cominciare, sotto i migliori auspici
l’allegria della vita ti ruba il cuore,
datemi rondini ogni mattina,
vi scriverò ogni verso d’amore!

UNA VITA TRATTEGGIATA

A punto a capo,
a virgola imbastita,
cominciare una giornata
un pomeriggio, una nottata
volgere lo sguardo indietro
ai ricordi di bambino stupito
ai sogni di ragazzo cresciuto
ad arte e motori, gioie ed amori
costretto a pause inopportune
che il corpo tradisce di continuo
punto a capo e si ricomincia
da dove ero partito? Da dove?
Riprender il filo è un tormento
tutto svanisce in un fermo immagine
in una giornata di dieci anni fa
in cui ero io,  senza ambiguità
senza confusione tra un anno
e l’altro, tra un minuto e l’eternità.
Una vita tratteggiata, senza continuità…

CARO CUGINO “FRATELLO” LONTANO

Cinque volte ho varcato l’oceano
per vederti, in tutti questi anni
le nostre strade, sembrano allontanarsi,
avevo vent’anni la prima volta
che affrontai l’oceano, da Parigi a New York
partii da Nizza, era metà Settembre,
mi guidasti alla scoperta della grande Mela,
era il 1977, era il viaggio che avevo sempre
agognato, sin dagli anni precedenti in cui
eri stato tu, ad attraversale l’Atlantico.

Mi portasti al Central Park, sulle Twin Tower,
allo Studio 54. Scoprii Brooklyn, Manhattan,
il New Jersey, affittai una Chevrolet
che guidavi tu, mi portasti nel Bronx,
ed a Coney Island; in poco meno d’un mese,
mangiai 25 hot dog e 30 hamburgers!
Ero magro come un chiodo, ero un fuoco.
Un giorno mi presentasti Nancy,
era bellina Nancy, era disposta a sposarmi
per farmi avere la cittadinanza USA!

Non ebbi il coraggio di ribaltare la vita,
trascorsi giorni d’intensa felicità,
dormendo poco e ballando tanto!
Come in quella discoteca di cristallo,
eravamo i soli bianchi, ed in verità
mi sentivo strano: un pesce fuor d’acqua!
Ora ti ho perso fratello lontano,
in un mondo virtuale ho mille conoscenze.
Ora ti ho perso cugino, vero fratello lontano,
forse presto lo ritroverò, ci abbracceremo
ancora un po’, ricordando il tempo che fu.

 

COME LA LUNA

Abbiamo un lato oscuro
ed uno luminoso,
anche la nostra vita
è un alternarsi di ombre
e di luci, lo ying e lo yang,
la poesia dell’amore,
il cupo della malattia,
la luce dell’intesa,
il buio della solitudine.
Siamo figure sfaccettate,
attraverso di noi, la luce
si trasforma, un arcobaleno
d’emozioni e turbamenti,
il nostro lato oscuro, tenta
vanamente di ammantare
il prodigioso prisma, piramide,
di luce e sapienza, sole dell’anima,
è l’eterna lotta quotidiana,
da che l’Uomo è Uomo,
da che Eva è Eva, la Mela
attende d’esser raccolta
a terra, non morsa né incisa,
simbolo e presagio di guerra,
tra l’umanità luminosa, laboriosa
e quella oscura delle tenebre.
Uomo e vita, come la Luna.

I GATTI (2)

Mi guarda con occhi stupiti,
cosa s’aspetta da me?
Oltre al cibo quotidiano,
alle coccole dovute,
alla pallina di carta,
che gli lancio ogni tanto.

E’ il contrario di suo fratello,
gatto verticale e spavaldo,
quando sparisce, devi volgere
lo sguardo verso l’alto, in fine
vedi una zampetta scura penzolare,
la punta di due orecchie, come radar.

Si vogliono bene, i due micetti,
spesso abbracciati l’un l’altro,
avvinghiati, stretti in un groviglio,
di pelo e di zampe, d’amore fraterno,
quale crudeltà avremmo compiuto,
a separarli, spezzando i loro destino!

BAMBINA PER UNA VITA

Nascere come ogni bambina,
ma, un istante dopo essere vecchia,
via la pubertà, lontana l’adolescenza,
svanito il primo amore, sfumato
nella bruma del nulla, cuore infranto,
amore sconosciuto, ignoto il fremere
e turbamento dell’anima.

Il tuo istinto materno ucciso,
assieme al tuo bisogno d’amore,
spento come candela consumata,
dovevo divenire bastone della vecchiaia,
è adesso che son vecchia io?
Qual è il mio sostegno, chi il mio supporto?
Ad una vita sprecata, perduta?

Mai più recuperata e riconquistata,
per sempre smarrita…

P.B. & B.B.

Con il mio passo stanco
giunto sino al casello idraulico
ove presentai anni addietro
le mie poesie del Tempo
una musica a me conosciuta
del mitico Duca Bianco
cantore ribelle e arlecchino
trasformava i suoi occhi
in lampo d’arcobaleno,
segnando il suo tempo
rivoluzionando un’epoca
da allora ci fu un prima
e un dopo di lui, Cristo
del Rock, Mozart del Roll.

LA VITA PRIMEGGIA

Difficile, se non impossibile,
rimanere distanti e distaccati,
dalla realtà del mondo in cui si vive,
ancor di più per un’anima sensibile,
di un poeta, con la testa fra le nubi,
dense di vapori di bombe e esplosioni,
anche la natura lancia segnali luciferini,
brucia un immenso bosco, e le auto
al loro passaggio, donne vecchi bambini,
arsi dal fuoco delle frecce di Zeus.
Un mondo che impaurisce, atterrisce,
non c’è via di fuga, se non la più estrema!
L’istinto di sopravvivenza prevale,
si stringono i denti e la vita primeggia.

IL MIO BATTESIMO DELL’ARIA

Lo compii a 180 giorni,
su un areo a eliche,
volo Tunisi – Roma,
con la compagnia LAI
il ricordo indimenticabile,
per la prima volta volai!
I sedili erano confortevoli,
bloccarono  il passeggino
tra due file di sedili di destra,
fissato con cinture di sicurezza.
Si saliva a bordo, e si partiva
due posti da un lato, uno dall’altro,
come fosse una grossa corriera
volante, dopo la lunga e assordante
rincorsa, il DC3 si librò nell’aria!
I miei ricordi sono confusi,
riportati a galla, da mia madre.
Da quella prima precoce volta,
non ebbi mai paura di volare,
vuoi per lavoro, vuoi per piacere,
ho perso il conto dei miei voli!
A naso dico circa cento,
vedere la terra scomparire
sotto ai miei piedi, è un’emozione!
La portentosa spinta dei motori
alle spalle è eccitante, quando da terra
si solleva, il cuore batte a mille,
la gioia è immensa, novello Icaro
sfidi la forza della gravità, la irridi.
La terra, sembra magicamente
rimpicciolire sotto i tuoi piedi,
voli: come un appagato uccello!